Se l’Europa non colma il divario che la separa da altri paesi nella adozione delle tecnologie legate all’intelligenza artificiale si prospetta un «futuro di stagnazione». Parola dell’ex presidente del Consiglio, già presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, che nella mattina di lunedì primo dicembre è intervenuto al Politecnico di Milano in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico. «Se non colmiamo questo divario e non adotteremo queste tecnologie sul larga scala l’Europa rischia un futuro di stagnazione con tutte le sue conseguenze. Considerato il profilo demografico, se l’Unione Europea mantenesse semplicemente il tasso medio di crescita della produttività dell’ultimo decennio, tra 25 anni l’economia avrebbe di fatto la stessa dimensione di oggi», ha detto Draghi.
«La divergenza tra i Paesi che abbracciano l’innovazione e quelli che esitano – ha chiarito Draghi – si allargherà sensibilmente negli anni avvenire ed è per questo che l’Europa vive oggi un momento di verità: negli ultimi vent’anni siamo passati dall’essere un continente che accoglieva le nuove tecnologie riducendo il divario con gli Stati Uniti a uno che ha progressivamente ha posto una barriera all’innovazione e alla sua adozione. Lo abbiamo già visto nella prima fase della rivoluzione digitale, quando la crescita della produttività europea è scesa a circa la metà del ritmo statunitense e quasi quasi tutta la divergenza è emersa dal settore tecnologico». «Ora – ha avvertito l’ex premier – questo schema si ripete con la rivoluzione dell’intelligenza artificiale. Lo scorso anno gli Stati Uniti hanno prodotto 40 grandi modelli fondamentali. la Cina 15 l’Unione Europea solo tre e lo stesso schema si osserva in molte altre tecnologie di frontiera dalla biotecnologia ai materiali avanzati fino alla fusione nucleare».
«La divergenza tra i Paesi che abbracciano l’innovazione e quelli che esitano – ha chiarito Draghi – si allargherà sensibilmente negli anni avvenire ed è per questo che l’Europa vive oggi un momento di verità: negli ultimi vent’anni siamo passati dall’essere un continente che accoglieva le nuove tecnologie riducendo il divario con gli Stati Uniti a uno che ha progressivamente ha posto una barriera all’innovazione e alla sua adozione. Lo abbiamo già visto nella prima fase della rivoluzione digitale, quando la crescita della produttività europea è scesa a circa la metà del ritmo statunitense e quasi quasi tutta la divergenza è emersa dal settore tecnologico». «Ora – ha avvertito l’ex premier – questo schema si ripete con la rivoluzione dell’intelligenza artificiale. Lo scorso anno gli Stati Uniti hanno prodotto 40 grandi modelli fondamentali. la Cina 15 l’Unione Europea solo tre e lo stesso schema si osserva in molte altre tecnologie di frontiera dalla biotecnologia ai materiali avanzati fino alla fusione nucleare».